Tutto quello che ho imparato sulla vita l’ho saputo dal calcio” Albert Camus

Quella di Domenico non è, non vuole essere, “letteratura”. Chi leggerà questo libro, ci auguriamo in molti, si accorgerà agevolmente di trovarsi davanti non un professionista della scrittura che magari vuol farsi carico dello smarrimento di una città o di una generazione, o di un “Autore” che come tale deve confrontarsi con “l’imprescindibile”, con “l’ineluttabile”, con “un prima e un dopo”. Niente di tutto ciò, per fortuna. I lettori rintracceranno i segni evidenti di una attività sociale, una scrittura volontaria che si confronta con la «nuova città». Cosa sta accadendo? Perché sta accadendo? Come sta accadendo? Questo è a ben vedere quello che si chiedono tutti i personaggi del racconto. Ciroma ed Edizioni Erranti ritengono che negli ultimi 15 – 20 anni nella nostra città è accaduto qualcosa di straordinario e che Domenico abbia voluto provare a trovare le parole giuste per raccontare, narrare questa “eccedenza” di comportamenti sociali, politici e culturali. Molto altro c’è da fare, altre parole dovremo trovare che potranno dare forma a questa azione collettiva del racconto della città. Che non è un campo neutro ma di conflitto e scontro sull’immaginario. Molte parole attraversano lo spazio e il tempo cosentino, ma perlopiù  esse appartengono ai rituali politico-mediatici: “il modello Cosenza”, “l’Atene della Calabria”, “il laboratorio Cosenza” e compagnia cantando. Frasi che colgono sicuramente aspetti dei mutamenti in corso ma nello stesso tempo dichiarano una appartenenza di vocabolario alla loro grammatica, praticamente una pochezza per rappresentare qualcosa di più grandioso e di più minuto nello stesso tempo. Nella scrittura di Domenico, al contrario, vi sono le nostre vite, le nostre singolari e irriducibili vite e la lingua che parliamo e che ascoltiamo. Qualcosa che è prima della politica, dell’economia, e che va ben oltre. Domenico ha ascoltato, imparato suoni e lingua prima di scrivere e mentre scriveva. Le pagine che si leggono è come se innescassero dei dispositivi tali da mettere in contatto e ritrovare parole e luoghi nella/della vita di ciascuno di noi (le trasferte, le piazze, la curva), nelle storie dei luoghi e degli individui di questa città. Domenico cerca, come tutti noi, dei meccanismi, delle tecniche, uno stile, una lingua per narrare la città. Quello che non dobbiamo permettere è che qualcuno, qualcosa «ce la racconti» questa città. Perché se qualcuno, qualcosa costruisce il vocabolario della nostra città finisce con l’espropriarci d’essa, con il raccontarci le nostre vite. E questo possiamo impedirlo solo se ne accettiamo la sfida, se accanto alle tante lotte, fatte di gesti, di pensieri, di incontri, di azioni, aggiungiamo quella della riappropriazione della parola e della scrittura. La sfida di raccontare noi la nuova città, la nostra vita. Infine il calcio. Radio Ciroma è nata anche nella curva, perciò, utilizzando Camus, ci limitiamo a dire che “tutto quello che sappiamo nella vita l’abbiamo imparato dal calcio”.

Radio Ciroma

 


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